Secondo
la mia esperienza il lavoro d’equipe ha una funzione propositiva e
una valenza di contenimento nei confronti della singola educatrice.
Considero l’equipe una risorsa per affrontare i problemi educativi, per sostenere gli
operatori nelle loro difficoltà
quotidiane, per consentire uno sguardo esterno e quindi più obiettivo verso le
relazioni con l’utenza.
Evidente l'’importanza del team di
lavoro come elemento essenziale per garantire un servizio di qualità. Ma la realtà, a volte, ci offre racconti di fatiche e difficoltà nel
rapporto tra colleghi.
Perché
le insoddisfazioni e i malumori del mestiere di educatore riguardano spesso il
clima relazionale ? E cosa dire delle riunioni d’equipe, vissute talvolta come una perdita di tempo ?
La
pratica quotidiana mostra in modo molto evidente che la convivenza con gli
altri è una strada tortuosa costellata di incontri faticosi e, a volte, di veri
e propri scontri. Cosa evidente è che al nido non si lavora da soli, ma bisogna
sempre fare i conti con gli altri.
Il
lavoro delle educatrici di nido stimola e facilita il riemergere di esperienze
personali. Un buon lavoro di equipe non può non tenerne conto: questo perché la
condivisione delle storie di vita diventa esperienza di formazione e la diversità
delle esperienze personali è motivo di
arricchimento per ciascuna, per il gruppo, per i bambini di cui il gruppo
stesso si occupa.
Caratteristica
fondamentale del lavoro dell’educatore è che questi è essenzialmente un lavoro di relazioni multiple: non solo
verso l’utenza e i propri responsabili, ma in egual misura verso coloro che
ogni mattina condividono gli stessi spazi e gli stessi tempi.
A
volte si crede che le incomprensioni tra gli operatori riguardino le diverse
visioni dell’agire educativo, le scelte, le strategie nell’operare, le
differenti valutazioni su progetti e iniziative.
Spesso, invece, accanto a
queste problematiche se ne insinuano alcune di ordine più quotidiano ed
organizzativo, capaci di logorare profondamente i rapporti, come la goccia che
cade ogni giorno e riesce a scavare la pietra. Si tratta di tutte quelle
piccole situazioni fatte di spazi lasciati in disordine, tempi non rispettati,
parole dette e soprattutto non dette.
Questa
è la fatica della convivenza, che possiamo sperimentare in tutti i tipi di
relazione, in cui si vive fianco a fianco per molte ore al giorno, come accade
nell’ambiente del nido.
La difficoltà dell’incontro con l’altro è quella di accettare che il suo
personalissimo modo di essere e pensare sarà sempre, per sua natura, diverso
dal mio, che non posso pretendere di
cambiare nessuno se non me stesso; che non potrò mai comprendere fino in fondo
le sue ragioni, ma posso cercare di cogliere la sua parola come risorsa, la sua sensibilità come
ricchezza.
Abbiamo imparato nel corso degli anni ad
analizzare gli aspetti problematici della convivenza, senza giudizi di sorta e
magari con un pizzico di ironia, e
questo ci ha insegnato ad affrontare la fatica quotidiana durante il lavoro d’equipe, in modo tale che
il contributo del gruppo mostri uno sguardo più ampio tale da consentire la possibilità di valutare diversi punti di
vista fino al superamento di quello
personale.
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