Uno
degli impegni maggiori deve essere la capacità di saper leggere il presente,
cogliendone di aspetti più importanti, nella prospettiva di una programmazione
attenta alla evoluzione dei bisogni del bambino e delle famiglie, al fine poter
predisporre azioni pertinenti, efficaci e competenti.
Progettare
l’evento educativo significa in primo luogo ripensare alla quotidianità, per
evitare che i momenti di routine e le pratiche che li caratterizzano si
traducano in alienanti automatismi.
Le routine al nido rappresentano l’espressione
massima del clima di stabilità e di sicurezza che l’adulto offre al bambino.
Si arriva così ad avere una progettazione del quotidiano che comporta
necessariamente ripartire da quella idea di bambino competente e dotato di
grandi potenzialità, in grado di essere accompagnato e poi reso autonomo nella
sua esistenza. Progettare significa quindi costruire un modo di stare con i bambini e non
semplicemente accanto ai bambini.
Quello
della progettazione della quotidianità è
un tema strettamente intrecciato alla
responsabilità educativa, poiché le scelte educative e le
proposte fatte ai bambini sono indicative delle idee e delle aspettative che
abbiamo dei bambini e di come ne interpretiamo i loro bisogni.
Importante è “avere a cuore “ il potenziale di ciascun bambino e del suo contesto famigliare. In tale prospettiva “L’avere a cuore“ è voler bene, è cogliere
il volto dell’altro con sguardo aperto e
positivo.
Inoltre
la competenza
tecnica, riflessività professionale
e formazione continua sono essenziali quanto l’avere a cuore .
La
qualità, quindi, non risiede solo in un “bel nido“ inteso come un insieme di spazi adeguati e ordinati, di
strutture ed arredi opportuni e puliti, di oggetti e giocattoli dai colori e
dalle forme piacevoli : bisogna andare “oltre“
per captare gli indizi che raccontano la
natura della relazione tra il bambino e le persone dello spazio–tempo nido.
E
questa qualità si scorge solo quando l’educatore pone il bambino al
centro dell’agire educativo e cerca di modulare l’intervento sulle
“domande” che continuamente il bimbo gli
pone. La centralità del bambino diventa il punto privilegiato per la definizione
del progetto, poiché tiene conto della sua identità, dei suoi ritmi di crescita
e della sua collaborazione sociale e culturale.
Il
progetto può essere così personalizzato, poiché è attento agli aspetti della
persona, e quindi può tradursi nell’atto tecnico del programmare. La consapevolezza di operare in un servizio
caratterizzato al suo interno da numerose
relazioni (con il singolo bambino, il gruppo di bambini, il gruppo di
colleghi, le famiglie ) necessita di competenze
di regia organizzativa della quotidianità che si consolidano nel tempo
:
- osservare i bambini nel loro sistema di relazioni
- progettare e organizzare lo spazio e il tempo (routines)
- organizzare e costruire materiali, sistemare oggetti, valorizzare giocattoli
- strutturare attività per favorire un’autonoma esplorazione dell’ambiente
- potenziare le esperienze cognitive del bambino
- valorizzare l’immaginario infantile
- valorizzare e mediare le relazioni tra il bambino e le cose, gli altri, lo spazio
- ricercare e rafforzare le relazioni con le famiglie
- leggere i segnali di disagio
- favorire la continuità con la scuola dell’infanzia
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